DAZI USA tutte le carte in regola per resistere alle turbolenze del commercio mondiale

Il continente africano, con i suoi 1,5 miliardi di abitanti e le sue abbondanti risorse naturali, ha tutte le carte in regola per rafforzare la sua integrazione economica e resistere meglio alle turbolenze del commercio mondiale. L’aumento dei dazi doganali negli Stati Uniti è solo un ulteriore segnale che è necessario intervenire con urgenza.

A sostenerlo è il presidente di ItalAfrica Alfredo Carmine Cestari per il quale “i prossimi mesi saranno decisivi per il futuro delle relazioni economiche tra l’Africa e gli Stati Uniti, anche se dal punto di vista commerciale la Cina ha superato già da tempo gli Usa come principale partner in gran parte del continente africano”.

I dati diffusi da ItalAfrica perché “non si sottovaluti ulteriormente la “questione dazi Usa” e si programmino soluzioni alternative.  Nel 2023, il commercio tra l’Africa subsahariana e gli Stati Uniti aveva raggiunto i 47,5 miliardi di dollari, di cui 29,3 di esportazioni africane verso il mercato americano. Tra i principali prodotti esportati vi sono il petrolio, i metalli preziosi e altre materie prime, i veicoli e l’abbigliamento.

I principali fornitori africani sono stati il Sudafrica (14,0 miliardi di dollari), la Nigeria (5,7 miliardi),il Ghana (1,7 miliardi), l’Angola (1,2 miliardi) e la Costa d’Avorio (948 milioni). I settori manifatturieri africani, in particolare quello tessile e automobilistico, perderanno competitività sul mercato americano.

Emblematico è il caso del Lesotho, il piccolo regno senza sbocco sul mare, un’enclave quasi interamente dipendente dalle esportazioni di prodotti tessili, ha ricevuto un dazio del 50 per cento, il più alto di tutta l’Africa. Molte industrie emergenti del continente saranno colpite. Sono esposti anche il Kenya e l’Egitto, le cui produzioni tessili sono in parte orientate verso gli Stati Uniti, e il Marocco, che vi invia principalmente macchinari elettrici e apparecchiature elettroniche.

“Compito di ItalAfrica – afferma Cestari – è quello di far capire ai Governi degli Stati Africani e alle popolazioni di quei territori che oltre a negoziare con Trump esiste un’alternativa possibile, innanzitutto che si possono avviare, nei loro Paesi, progetti volti a migliorare la qualità di vita e creare lavoro. Penso, inoltre, che questa sia in generale la strada maestra per arrestare i flussi migratori, per dare alle persone una speranza vera. L’Europa è su questo che deve impegnarsi.

Ma diventa necessario concentrarsi su un obiettivo:  intercettare nuovi partner commerciali e da questo punto di vista la cooperazione sia con l’Europa che con i Brics, il raggruppamento delle economie emergenti, potrebbe rivelarsi strategico.

Un’altra soluzione potrebbe essere rappresentata dall’Area di libero scambio continentale africana (Afcfta). Si tratta di un trattato che ha coinvolto 54 Paesi africani su 55, entrato in vigore formalmente il 1° gennaio 2021. L’Afcfta, almeno sulla carta, rappresenta una grande opportunità per i Paesi africani consentendo loro d’incrementare l’industrializzazione, il mercato del lavoro e il commercio all’interno del continente.

Per l’Italia – continua – la priorità è  accelerare le azioni, le misure e i progetti del Piano Mattei, strumento strategico per rafforzare la cooperazione alla pari tra il nostro Paese e quelli Africani.La Camera ItalAfrica dopo gli accordi già sottoscritti in particolare in Tanzania, Zanzibar, Senegal, Mozambico, Angola, Sierra Leone, Congo intensificherà la propria attività di consulenza ed assistenza alle imprese italiane specie con l’organizzazione di specifiche missioni accompagnandole in ogni fase.

Ci sono dunque ampi margini di miglioramento della partnership tra Italia e Paesi Africani – ha dichiarato Cestari, enfatizzando il know how delle PMI italiane. Si tratta di capovolgere lo stereotipo dell’Africa come portatrice di problemi per guardare invece alle opportunità anche per le pmi del Sud Italia.